L’idea di formazione come semplice trasmissione della conoscenza è ormai superata ed obsoleta. Il termine formazione rimanda al “dare forma”, fornire una struttura alle conoscenze di cui le persone dispongono, organizzandole e strutturandole in maniera organica così da renderle fruibili e implementabili. Obiettivo della formazione dovrebbe essere quello di aiutare le persone a passare dal “sapere” al “saper fare“, passando auspicabilmente anche attraverso il “saper essere“.
“Sapere” qualcosa significa possedere delle conoscenze e delle nozioni specifiche in un certo ambito.
“Saper fare” comporta saper applicare nella pratica quotidiana ciò che sappiamo, contestualizzandolo e declinandolo in maniera da produrre un risultato positivo.
Il “saper essere” consiste invece nel basarsi sull’esperienza passata e sulla propria sensibilità personale per attivare un processo di costruzione della conoscenza; ciò significa affidarsi non solo a quello che già sappiamo ma anche a quello che impariamo sulla base dell’esperienza, cosa che ci consente di interpretare al meglio il proprio ruolo e amplificare l’effetto positivo del proprio agire.
In ultima analisi, fare formazione aziendale significa, nella mia ottica, accompagnare le persone in un percorso d’integrazione e costruzione della conoscenza, aiutandole a sviluppare nuovi sguardi e nuove capacità di analisi e riflessione sulle cose. L’obiettivo della formazione aziendale, infatti, non è offrire soluzioni ai problemi ma insegnare alle persone a guardare e analizzare i problemi in modo diverso.
Dal punto di vista metodologico si distinguono una formazione d’aula e una formazione outdoor. La formazione d’aula è la metodologia “classica”, che immaginiamo quando pensiamo alla formazione. Il contesto formativo outdoor è una tipologia di formazione che prevede la realizzazione di esperienze formative in contesti diversi da quello aziendale. Le attività si svolgono solitamente all’aperto, pongono i partecipanti di fronte a problemi pratici e concreti e sono progettate e realizzate in modo da far leva sul coinvolgimento emotivo dei partecipanti, consentendo così di superare alcuni schemi di pensiero e di comportamento consolidati e “automatici” e facendo emergere, in tal modo, nuove modalità d’azione.