
Le persone cercano aiuto e sostegno psicologico solo nel momento in cui riconoscono di avere un problema che gli procura sofferenza e gli impedisce di vivere serenamente la loro vita. Cercare e chiedere aiuto presuppone già un certo grado di motivazione al cambiamento, che però deve essere continuamente “rinforzata” e sostenuta.
La motivazione, infatti, è alla base di qualsiasi tipo di cambiamento. Ciò che ci accade dipende, quindi, dalla determinazione e dalla motivazione con cui perseguiamo i nostri obiettivi. Ecco perché, in ambito terapeutico è così importante sostenere la motivazione del paziente. Perché essa è l’alleato più forte su cui possiamo contare. Potremmo addirittura dire che la terapia non è qualcosa che si fa al paziente ma alla sua motivazione al cambiamento.
Quando la motivazione è una scelta
Quanto le persone vogliono davvero cambiare? “Volere” o “non volere”…ecco il nodo interiore su cui è più importante lavorare.
Nella persona che soffre è infatti sempre presente un conflitto tra la voglia e il desiderio di cambiare se stessa e la tendenza a mantenere le cose così come sono, ripetendo i vecchi schemi comportamentali e lasciandosi andare passivamente alle circostanze. Tranne poi crogiolarsi nel dolore o lamentarsi del fatto che le cose non vanno per il verso giusto.
Guardare in faccia la realtà
Prendiamo, a titolo esplicativo, l’esempio di una persona che ha un problema di dipendenza dall’alcool (ma vale per qualsiasi altro tipo di dipendenza e anche per tutte le altre forme di disagio psicologico).
Se la persona non riconosce di avere un problema non percepirà alcun disagio interiore e non avrà alcuna motivazione al cambiamento; anzi, vivrà come una violenza i tentativi e gli sforzi che le persone fanno per cercare di aiutarla e, con tutta probabilità, continuerà a bere fino a che si troverà in una situazione di “non ritorno”.
Se invece la persona riconosce di avere un problema con l’alcool, allora si trova di fronte a due strade possibili, nella scelta delle quali gioca un ruolo fondamentale la sua motivazione al cambiamento.
Il nostro libero arbitrio: l’ultimo baluardo della libertà
La persona può decidere di continuare a bere ignorando totalmente la consapevolezza che ha acquisito rispetto alla sua problematica. In tal caso non c’è motivazione al cambiamento o, per meglio dire, prevale nettamente una motivazione auto-distruttiva per cui decide, più o meno consapevolmente, di continuare a farsi del male.
Oppure, può decidere di affrontare il problema e avviare un percorso che la porterà a smettere di bere. È qui che l’aiuto e il sostegno esterno di un esperto può essere di maggiore utilità. Il richiamo dei vecchi schemi comportamentali può, infatti, tornare a prevalere sulla motivazione al cambiamento, ancora debole e fragile, determinando nella persona un forte conflitto interiore tra queste due tendenze contrastanti ed opposte e sottoponendola alla possibilità di ricadute che mettono in crisi la tenuta della sua stessa motivazione. Ecco spiegato perché in un certo momento una persona si sente forte e giura di voler cambiare se stessa, non toccando mai più un goccio d’alcool in vita sua, e solo un momento dopo si ritrova ad aver bevuto non uno ma due o più bicchieri, senza nemmeno rendersi conto di come possa essere accaduto.
Questione di pesi…
Via via che la motivazione al cambiamento si radica e si consolida nella sua psiche, la persona si sente più forte, le ricadute sono sempre meno frequenti, durano un tempo minore e lasciano strascichi negativi sempre meno importanti. In termini matematici, potremmo dire che la persona inizia a stare meglio e a percepire gli effetti positivi del lavoro che sta facendo su se stessa solo nel momento in cui la sua motivazione al cambiamento si sia rafforzata al punto da occupare almeno il 51% del suo spazio psichico totale. Naturalmente, più la motivazione al cambiamento si avvicina al 100% più la persona sente di aver raggiunto il suo obiettivo e riesce a gestire e controllare anche eventuali “tentazioni”, scongiurando la possibilità di ricadere nel problema e nei vecchi schemi comportamentali.
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