
Le cose non accadono mai per caso, e la recente vicenda di Silvia Romano ci offre un ulteriore spunto di riflessione per provare a individuare il labile confine tra libertà e manipolazione mentale. È interessante il fatto che la signora riferisca di essersi convertita liberamente all’Islam.
Niente da dire sulla legittimità o sulla bontà delle sue scelte religiose; tuttavia, la mia opinione al riguardo è che la signora si sia convertita liberamente all’Islam né più né meno come noi decidiamo di cliccare liberamente sulle caselline della privacy per poter proseguire oltre nell’utilizzo e nell’installazione delle nostre applicazioni preferite.
In entrambi i casi trovo quantomeno azzeccato il detto “o mangiar questa minestra o saltar questa finestra”. Una libertà condizionata, insomma, del tipo “se fai questo – e solo se lo fai – ti concedo in cambio qualcos’altro”. Altri termini coi quali potremmo definire questo tipo di atteggiamento sono “ricatto” e “manipolazione mentale”, da intendere come modalità attraverso le quali qualcuno che occupa una posizione di maggior potere, può indirizzare, dirigere e controllare consensualmente il comportamento di altre persone.
La libertà, quindi, si è via via trasformata dall’essere un diritto naturale che il potere costituito dovrebbe garantire, ad una gentile concessione che ci viene fatta e dispensata a piccole dosi da un potere che ne detiene il controllo. Un modo gentile per dare alle persone l’illusione della scelta e fargli credere di essere libere quando in realtà oggi ad essere predeterminati ed orientati sono non solo i nostri gusti in termini di cibo e il comportamento che assumiamo di fronte agli scaffali del supermercato, ma anche le nostre ideologie, le nostre preferenze musicali, fino alle emozioni che proviamo e alle scelte che facciamo in ambito affettivo e sessuale.
Ma com’è stato possibile arrivare al punto da accettare passivamente una progressiva e così consistente riduzione del nostro spazio decisionale e quindi della nostra libertà? Tutto è iniziato quasi un secolo fa quando scienziati di varie discipline iniziarono a studiare il cervello e il comportamento umano, analizzando le reazioni emotive e neurofisiologiche in associazione a stimoli di vario tipo, al fine di individuare tecniche e metodi per dirigere e condizionare il comportamento delle persone in una direzione desiderata. Tutto questo, senza che le persone se ne rendessero conto e facendo in modo che ne fossero addirittura compiaciute. Nel corso del tempo, le maglie di questo meccanismo si sono strette sempre di più e, gradualmente, grazie anche ad un enorme apparato di distrazione di massa (tutto ciò che contribuisce a tener occupate le persone mentre qualcun altro porta avanti i suoi progetti), ci siamo abituati a barattare la nostra libertà di scelta in cambio di un piccolo spazio decisionale, del quale abbiamo cominciato ad accontentarci. Al punto che oggi la nostra libertà, non quella sventolata ai quattro venti dai pulpiti istituzionali ma quella reale, quella che ha a che fare con il poter decidere autonomamente e in forma non condizionata di noi stessi e della nostra vita, è stata ulteriormente ridotta e ci siamo improvvisamente ritrovati all’angolo, messi alle corde da un virus usato come pretesto per accelerare questo processo di limitazione del diritto e delle libertà.
“Ho bisogno di qualcuno che mi protegga da tutte le misure adottate al fine di proteggere me stesso.”
Banksy
Per quanto potremo ancora tollerare questa situazione? Per quanto potremo ancora accettare questa graduale ma inesorabile privazione della nostra libertà e della nostra dignità personale? La mia sensazione è che sia iniziato il conto alla rovescia e che prima dello scadere del tempo dovremo decidere se continuare a tenere la testa sotto la sabbia o prendere coscienza di come stanno davvero le cose.
manipolazione mentale
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