
Quello a cui assistiamo in questi giorni supera qualsiasi fantasia: il panico generalizzato, la ressa per l’approvvigionamento alimentare, la conta dei contagi e dei decessi; un bollettino di guerra che ci accompagna quotidianamente e a cui rischiamo di abituarci. L’informazione che riceviamo è altrettanto confusa: dubbi, incoerenze, parzialità e un’inutile quanto squallido rimpallo di accuse e responsabilità.
Detto ciò, senza addentrarci nel territorio delle questioni medico-biologiche dove, ugualmente, non c’è univocità e concordanza sulla gravità del fenomeno, non possiamo fare a meno di rilevare gli effetti che il virus sta già avendo sulle persone: non quelli biologici, ovviamente, ma quelli emotivi. La paura, infatti, è più contagiosa, poiché non richiede il passaggio di un agente infettivo: sono le persone stesse che, prese nella morsa emotiva delle informazioni che arrivano dall’esterno – indipendentemente dal fatto che siano vere o meno – entrano in risonanza con quella vibrazione negativa, che le avvolge e si espande, trasformandosi in una valanga che travolge un numero sempre maggiore di persone, fino al punto di condizionare il pensiero e il comportamento della maggioranza della popolazione. Stiamo parlando del ben noto effetto “massa critica” per cui quando una convinzione si espande oltre una certa soglia, diventa automaticamente condivisa da tutti o, almeno, dalla maggioranza. In altre parole, la paura si autoalimenta, crea altra paura e rende le persone deboli e più malleabili, al punto tale che sono loro stesse a chiedere restrizioni e misure di controllo della loro libertà personale.
Stando così le cose, più che interrogarci sulla virulenza del Coronavirus – peraltro ancora da verificare – la domanda che dovremmo farci è: perché ci lasciamo prendere così facilmente dalla paura? E cosa possiamo fare per uscire da questo stato d’animo?
La risposta alla prima domanda ha a che fare col senso d’inferiorità e col fatto che ci sentiamo impotenti di fronte alle situazioni, convinti come siamo di non poter influenzare (curioso l’utilizzo del verbo influenzare a proposito del Coronavirus…) in alcun modo quello che ci accade, fuori e dentro il nostro corpo. Nonostante la scienza – quella con la S maiuscola intendo, non quella governata da semplici burocrati interessati al profitto – ci insegni il contrario. Ma in questo caso, sembra che la preoccupazione principale di chi tira le fila di questo nostro teatrino sia quella di fare tutto il possibile affinché le persone continuino a dormire sonni tranquilli e non si rendano conto della forza e del potere che hanno nelle loro mani.
Rispetto invece al come uscire dalla morsa della paura, ritengo sia del tutto inutile dire alle persone di stare tranquille quando contemporaneamente si chiudono interi paesi in quarantena, s’impedisce l’accesso a luoghi e attività pubbliche e si mette in guardia la popolazione sui pericoli del contagio. Sappiamo, infatti, che la reazione emotiva è molto più veloce del pensiero razionale, e una volta percepito il pericolo si innesca e fa il suo corso, attivando il sistema neurovegetativo e mettendo in allarme il corpo e la mente. La risposta migliore a questo meccanismo emotivo – sono convinto – sta nel rendersi conto di ciò che accade in noi, del quadro generale che abbiamo intorno e nel decidere se vogliamo o no continuare ad essere pedine di un “sistema della paura” che ci muove a suo piacimento. In altre parole, riprenderci la responsabilità di noi stessi, della nostra vita e, in questo caso specifico, della nostra salute. Una sorta di rivoluzione delle coscienze, insomma, o di orgogliosa ribellione a chi vuole condizionare il nostro essere e la nostra libertà personale. A noi la scelta…
“Esiste una sottile paura della libertà, per cui tutti vogliono essere schiavi. Tutti, naturalmente, parlano della libertà, ma nessuno ha il coraggio di essere davvero libero, perché quando sei davvero libero, sei solo. E solo se hai il coraggio di essere solo, puoi essere libero.”
Osho
libertà personale
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