
Nell’ultimo periodo abbiamo dovuto familiarizzare, nostro malgrado, coi concetti di regola, norma e limite. La norma è una regola o un insieme di regole che prescrivono dei comportamenti, delle condotte da seguire. Le regole delimitano ciò che è ammissibile da ciò che non lo è: in tal senso pongono un limite al nostro agire, definiscono i confini del nostro stare assieme. Che siano esplicitate o implicite, sono necessarie alla convivenza. E, auspicabilmente, dovrebbero essere riconosciute e condivise da una certa cerchia sociale o perlomeno dalla maggioranza delle persone che compongono tale cerchia.
Cosa accade se le regole non vengono rispettate? Scatta una sanzione. Se ad esempio rapiniamo un supermercato è prevista una punizione, una misura di contrasto che funziona o dovrebbe funzionare da deterrente. Ma nessuno può punirci per ciò che pensiamo, per le nostre idee o per le nostre preferenze sessuali. Vale a dire che, nel caso delle condotte morali, non esistono regole esterne e quindi non può essere prevista alcuna sanzione. Semmai si risponde a se stessi, alla propria coscienza, non certo ad un’autorità esterna. Parafrasando un’espressione comunemente usata, le nostre azioni possono, quando travalicano le regole e danneggiano gli altri, essere “processate”, le intenzioni no.
Tuttavia, una delle particolarità del momento storico che stiamo vivendo è che accanto alle norme giuridiche sono state create anche delle norme morali, che prescrivono cosa dobbiamo pensare, dire e quali dovrebbero essere i nostri gusti e le nostre inclinazioni. Tali regole morali sono state via via sovrapposte a quelle giuridiche, in modo che le punizioni previste per queste ultime vengono oggi applicate anche all’inosservanza delle prime. Credo che questa operazione sia il risultato di un processo di condizionamento socio-culturale in atto da molti anni per cui abituando le persone a credere che una certa opinione divergente dal pensiero dominante sia sbagliata e offensiva della sensibilità comune, queste stesse persone cominciano a pensare che sia giusto punire tali idee, così come si puniscono azioni e comportamenti davvero gravi e lesivi della dignità e dei diritti.
In questo senso le norme, le regole e i limiti che esse circoscrivono si sono trasformate da strumenti “educativi” e di valorizzazione della socialità in strumenti per uniformare e “normalizzare” le persone sulla base di alcuni parametri decisi a priori. La norma, anche quella non esplicitata, di tipo morale, è così diventata un pretesto per eliminare l’individualità, inibire la creatività e limitare la libertà delle persone.
Una faccenda veramente curiosa, questa: da una parte esistono norme e principi costituzionali che tutelano la libertà di pensiero e d’espressione, come se fossero qualcosa di “sacro” e inviolabile (vedi art. 21 della Costituzione Italiana); dall’altra, chi oggi volesse esprimere una propria idea e questa idea si trovasse in contrapposizione alle idee dominanti veicolate da mezzi d’informazione, si troverebbe, nel migliore dei casi, ad essere accusato di “negazionismo”, “complottismo” o altro “ismo”, oppure bollato come autore di “fake news”; anche quando tali idee si basassero su dati verificabili. E anche se non lo fossero, avrebbero comunque diritto di essere espresse: sempre, comunque e da chiunque.
Il fatto che oggi questo non sia così scontato dovrebbe farci riflettere, e mi viene da chiedermi: perchè mai questo bisogno di negare, di smentire e di ridicolizzare con così tanta forza tutte quelle posizioni che sono dissonanti rispetto alla versione dominante ufficiale?
Perché non dovremmo accettare e valorizzare il dubbio, ancorché lo scetticismo, visto che è proprio attraverso di esso che si sviluppano le ipotesi sui fenomeni che osserviamo, e che la falsificazione delle ipotesi è il metodo attraverso cui la scienza progredisce e acquisisce nuove conoscenze?
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