
La scienza è un processo di conoscenza, tendenzialmente infinito, attraverso il quale l’uomo costruisce una comprensione di se stesso e del mondo che lo circonda.
Il metodo scientifico procede attraverso l’osservazione, la teorizzazione e la sperimentazione; osservo un certo fenomeno, formulo un’ipotesi che spiega il fenomeno e la sottopongo a verifica, attraverso un esperimento che deve essere riproducibile da qualsiasi altro ricercatore in qualsiasi altra parte del mondo. Se l’ipotesi è confermata è da ritenersi vera finché non sarà smentita da uno studio successivo. Insomma, una verità, quella scientifica, per sua natura condizionata, parziale. La scienza quindi, si muove per piccoli passi e, come ci insegna Popper, progredisce attraverso un continuo processo di autocritica, cercando di falsificare le acquisizioni precedenti.
Un paio di questioni, tuttavia, meritano ancora attenzione.
Contrariamente a come siamo abituati a pensare, la scienza non è fatta di certezze ma di dubbi.
Inoltre, non esiste una scienza di serie A e una scienza di serie B; esistono gli scienziati e tra questi, quelli che si attengono correttamente ai principi scientifici, metodologici e deontologici, e quelli che non vi si attengono.
Tra questi principi, rilevante è quello della neutralità del ricercatore. Nel 1976, lo psicologo americano R. Rosenthal, ha teorizzato un effetto di distorsione dei risultati di un esperimento dovuto all’aspettativa che il ricercatore (o i soggetti sperimentali) ha in merito ai risultati stessi (effetto Rosenthal). In pratica, secondo Rosenthal, se chi conduce una ricerca sulle caramelle vende caramelle, ha delle opinioni positive sulle caramelle o è sponsorizzato da una ditta di caramelle, questo influenzerà i risultati a favore delle caramelle. Una questione non da poco questa se pensiamo che, da sola, segna la differenza tra un atteggiamento scientifico (neutrale, al servizio della comunità, basato sul dubbio) e un atteggiamento ideologico (fazioso, al servizio di pochi soggetti, basato su dogmi, su certezze incrollabili).
La scienza, infatti, cerca di comprendere e spiegare nel modo più fedele possibile il funzionamento del mondo; le ideologie cercano invece di trasformare il mondo in modo da renderlo un modello sempre più fedele di quello che, secondo loro, dovrebbe essere.
“Non c’è peggior dittatura, di una falsa democrazia.”
Mohamed Fedi Ben Saadi
I pericoli dell’ideologia
L’ideologia è un insieme strutturato di idee e principi che, attraverso un sistema propagandistico di massa finalizzato a catalizzare l’attenzione e gli interessi delle persone, diventano veri e propri valori che le persone si sentono chiamate a difendere, anche attraverso una militanza attiva (pensiamo ai regimi di stampo militare-dittatoriale, alle religioni e ai riferimenti a valori ideali/morali che da sempre riempiono la bocca dei politici e dei loro seguaci).
A ben vedere, l’adesione alle ideologie richiede un vero e proprio atto di fede e di fedeltà, di rinuncia al proprio pensiero critico individuale in nome di una visione collettiva, che avvolge le persone in una sorta di grembo materno, dall’effetto rassicurante. Del resto, come ci insegna Maslow, uno psicologo statunitense noto soprattutto per i suoi studi sui bisogni e sulla motivazione, le persone hanno bisogno di sentirsi appartenenti a qualcosa di più grande di loro, qualcosa che dia senso alla loro esistenza e li faccia sentire “importanti”; tant’è che in cambio di questa sensazione sono disposte anche a barattare la loro libertà individuale, il loro sentire e la loro coscienza critica.
Le conseguenze sulle persone
A seguito dell’adesione all’ideologia dominante le persone perdono il contatto con se stesse e col proprio sentire, perdendo di vista anche il sentire delle persone che hanno di fronte; si innesca così un effetto “branco” che stimola un atteggiamento aggressivo, denigratorio, discriminatorio e talvolta violento nei confronti di tutti coloro che non aderiscono fideisticamente all’ideologia dominante. Pensiamo al trattamento riservato ai dissidenti e ai sovversivi nei regimi totalitari, agli infedeli che non seguono pedissequamente i loro dogmi religiosi o ai militari indisciplinati che non obbediscono acriticamente agli ordini impartiti dall’alto.
Chi non aderisce al credo ideologico diventa una distorsione da correggere, un nemico da eliminare, poiché mette in crisi il sistema autoreferenziale su cui si fonda l’ideologia stessa. Una persona con convinzioni religiose diverse diventa così, agli occhi del fanatico religioso, un’infedele da punire; una persona che manifesta perché ha perso il lavoro e non sa più come mantenere la famiglia diventa, agli occhi del poliziotto, un sovversivo e pericoloso manifestante. Oppure, pensiamo alla questione così attuale dei cosiddetti no-vax, trasformati, per via del sistema ideologico così abilmente costruito, in una fazione eversiva e pericolosa per la salute pubblica, giustificando così, di fatto, la loro discriminazione e la compressione dei loro diritti.
Ideologia e psicologia
Alla base di questo atteggiamento discriminatorio-ideologico possiamo ravvisare due aspetti psicologici importanti.
Da una parte l’utilizzo di un ben noto meccanismo di difesa che consente a chi lo utilizza di non confrontarsi con se stesso e con le proprie difficoltà proiettandole sull’altro, che diventa così il nemico da eliminare.
L’altro riguarda una sorta di “cecità mentale”, che ci “impedisce” di vedere le cose così come sono in realtà, allo scopo di preservare un equilibrio e poter continuare a fare ciò che facciamo. Tradotto; se sono una giovane donna e sono seduta ad un tavolo con un uomo appena conosciuto che mi prende la mano e me la accarezza, posso continuare a credere che non ci sia alcun interesse sessuale da parte sua, e quindi nulla di compromettente, solo a patto di vedere semplicemente una mano toccata da un’altra mano, e niente più. Anche i gerarchi nazisti dovevano mettere in atto una difesa simile; per non rendersi conto di quello che stavano facendo e della sofferenza che stavano provocando dovevano concentrarsi sul fatto che stavano solo eseguendo degli ordini e preoccuparsi di eseguirli nella maniera più efficiente possibile. In ambito clinico qualcosa di simile lo osserviamo nel caso dei “sociopatici”, che riescono ad infliggere profonda sofferenza agli altri solo perché totalmente privi della capacità di empatizzare con loro.
Una carrellata storica
Come ci insegna la storia, l’ideologia è il fondamento di ogni sistema religioso e socio-politico di stampo totalitario, da sempre utilizzata per controllare e ammansire i popoli.
Sapete però qual è la cosa più assurda? Che nonostante scienza e ideologia si collochino su due poli opposti ed incompatibili, nella realtà accade spesso che le ideologie nascano su delle fondamenta scientifiche, o almeno ritenute tali dai sostenitori del sistema. Quella scienza che dovrebbe porsi in antitesi all’ideologia, finisce così per essere la base su cui poggia l’apparato ideologico stesso, giustificandolo.
A tal proposito, vi propongo alcuni esempi su cui vale la pena riflettere, affinché ognuno possa trarne le proprie conclusioni.
- Nei primi anni del Novecento Eugene Fischer, medico e antropologo tedesco contribuì, assieme ad altri scienziati dell’epoca, all’elaborazione di una teoria – e poi di una vera e propria pratica – eugenetica. Nel 1930 divenne direttore dell’Istituto di Antropologia di Berlino e ottenne ampi fondi per portare avanti le sue analisi sui figli dei meticci, propagandando le tesi della pura razza ariana, della sterilizzazione forzata e del divieto di incroci razziali, che si tradussero nelle leggi naziste di Norimberga del 1935. A partire da quella data gli ebrei cominciarono ad essere ghettizzati ed estromessi dalla vita sociale, allontanati dagli incarichi di lavoro, privati dell’assistenza sanitaria e fu vietato l’accesso alle scuole pubbliche ai loro figli. Tutto questo basandosi sulle pubblicazioni scientifiche degli scienziati del regime. Intanto, nel 1933 era stato introdotto l’Ahnenpass, letteralmente “passaporto genealogico”, un documento personale utilizzato dal regime nazista per certificare che una persona poteva essere considerata “ariana”, con un “sangue puro”. L’Ahnenpass era necessario per spostarsi sul territorio tedesco ed era richiesto a coloro che esercitavano certe professioni di rilievo sociale (medico, insegnanti, statali ecc.)
- Non è cosa nota ma Stalin nutriva un certo interesse per la genetica. Come il suo collega Hitler, egli era convinto della possibilità scientifica di creare un uomo nuovo, il “nuovo uomo sovietico”. Tutto questo basandosi sugli studi di Trofim Lysenko, un agronomo che riprendendo le teorie di Lamarck e rifiutando le scoperte di Mendel e dei genetisti del primo Novecento, sosteneva l’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Teoria appetibile per Stalin, che provò ad esportarla in ambito sociale ipotizzando che esponendo la popolazione ai valori del socialismo sovietico per abbastanza tempo, li avrebbero incorporati nel loro stesso essere, tramandandoli di generazione in generazione e producendo nel giro di poche generazioni una società perfetta e armoniosamente priva di dissenso. Fu così che Stalin appoggiò e finanziò le ricerche di Lysenko, attribuendogli un ruolo predominante nella scienza sovietica, nonostante l’evidente infondatezza delle sue teorie. Dal 1934 al 1940 molti oppositori del regime furono giustiziati o inviati nei campi di lavoro forzato. Oltre 3000 biologi furono imprigionati, licenziati o giustiziati per aver tentato di opporsi al lysenkoismo. Inoltre, anche i cittadini sovietici erano costretti a mostrare un lasciapassare per ogni spostamento da un paese all’altro ed era quasi impossibile per i comuni cittadini uscire dall’Unione Sovietica.
- Anno 2020. In Italia – e contemporaneamente in tutto il mondo – si diffonde il Coronavirus. Un gruppo di “scienziati” arriva alla ribalta della scena mediatica e, godendo della protezione di una classe politica che governa illegittimamente il paese, propone delle teorie che pur non avendo alcun fondamento nelle conoscenze scientifiche consolidate da decenni di studi e ricerche mediche, orientano e determinano le scelte politico-sanitarie dell’intero paese, imponendo mesi di lock-down e coprifuoco. I trattamenti che potrebbero curare i pazienti sono taciuti, cosa che ovviamente causa il decesso di molti pazienti e l’apparato politico-scientifico effettua, attraverso i suoi mezzi di propaganda, una campagna promozionale martellante per spingere la popolazione a vaccinarsi, incurante dei rischi, delle controindicazioni e dei possibili effetti collaterali. Per spingere alla vaccinazione, l’apparato politico-scientifico conia il green-pass, un lasciapassare che attesta la compiuta vaccinazione. I cittadini che non possiedono il green-pass sono additati come untori e per questo fortemente discriminati; la loro libertà d’opinione viene limitata ed è loro precluso l’accesso a gran parte della vita sociale, con forti limitazioni del loro diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione e alla libertà di spostamento. Tutto questo in nome della scienza, della democrazia e del diritto alla salute. Nel frattempo, a livello politico si continua a condannare ogni forma di discriminazione e di violenza e si celebra l’importanza della memoria storica per evitare il ripetersi di ogni forma d’oppressione e di violazione dei diritti umani.
“In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire. Lo diceva Mussolini: “Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?””
Indro Montanelli
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