
Si fa presto a dire evoluzione personale! Si fa presto a dire cambiamento! Il termine cambiamento indica qualcosa di diverso rispetto ad una cosa precedente. In tal senso fa parte della vita stessa. Senza cambiamento non c’è vita, ma solo staticità, fissità e immobilità.
Potremmo anche definire il cambiamento un processo di trasformazione bidirezionale che, in biologia, si muove lungo un continuum che va in direzione dell’accrescimento o della decrescita, e in psicologia oscilla tra i due poli opposti dell’evoluzione e dell’involuzione.
La questione importante, quindi, quando parliamo di cambiamento psicologico è chiedersi che tipo di cambiamento vogliamo; un cambiamento che coincide con la nostra evoluzione personale o un cambiamento in senso involutivo? Dal punto di vista della dinamica interiore non esiste lo stallo, ma solo l’andare avanti o indietro. Andare indietro è semplice: basta lasciarsi andare, rimanere legati alle vecchie abitudini e non preoccuparsi in alcun modo di modificare i vecchi schemi mentali. Il cambiamento inteso come miglioramento di sé – quello che comunemente va sotto il nome di “crescita personale” – richiede invece uno sforzo di volontà, uno slancio propositivo che deve essere continuamente alimentato e rinnovato. Un processo in salita, insomma, quello dell’evoluzione personale, poiché dobbiamo contrastare la forza d’inerzia rappresentata dai vari tipi di condizionamento che abbiamo raccolto nel corso della nostra vita, paragonabili a zavorre che ci appesantiscono e ci rallentano.
Quando sentiamo che certi aspetti di noi stessi e della nostra vita iniziano a starci stretti e siamo insoddisfatti, è il primo segnale di un desiderio di cambiamento che deve essere prontamente colto. Soffocare e lasciare inascoltato questo segnale, significa rassegnarsi all’infelicità e aprire la strada a sintomi psicofisici che, nel tempo, potrebbero diventare sempre più insistenti e consistenti.
Viste così, le cose sembrano abbastanza semplici; ci rendiamo conto di avere un problema e proviamo a risolverlo. Perché allora è così difficile cambiare? L’idea che mi sono fatto è che alla base di tutte le diverse motivazioni che le persone, me compreso, adducono come causa della difficoltà ad attivare un cambiamento positivo nella loro vita ci sia la paura. Abbiamo paura di ciò che potrebbe accadere se cambiassimo veramente; abbiamo paura di rimanere soli, di non essere all’altezza, di perdere i punti di riferimento a cui solitamente ci aggrappiamo, di cosa succederebbe se non avessimo più le stesse abitudini che ci danno la sensazione di sicurezza, di perdere l’affetto degli altri, di cosa potrebbero dire e di farli soffrire. La nostra mente poi è il nostro vero limite, poiché immagina il futuro basandosi sui dati del passato e sulle paure del presente creando, in tal modo, proprio ciò che teme di più. Essa, inoltre, tende ad adagiarsi nella comodità e ci fa scivolare facilmente nella pigrizia, dandoci un’illusoria percezione di sicurezza nel momento in cui percorriamo i sentieri conosciuti. Del resto affrontare il nuovo richiede un riadattamento, un ricalibrare il tiro che non è per tutti, abituati come siamo a lasciarci trasportare dagli eventi anziché determinarli. Ma soprattutto, abbiamo paura che cambiando potremmo finalmente sentirci soddisfatti di noi stessi e della nostra vita e potrebbero aprirsi di fronte a noi scenari che abbiamo sempre desiderato, con possibilità e risorse inaspettate. Sembra assurdo, lo so, ma spesso, in una sorta di slancio masochistico, lasciamo che la paura vinca sull’amore per noi stessi, salvo poi arrabbiarci e lamentarci perché le cose non funzionano, rischiando di scivolare in un atteggiamento vittimistico.
Eppure il nuovo, che poi coincide con ciò che davvero desideriamo, può entrare nella nostra vita solo se gli facciamo spazio e liberiamo il posto occupato dalle vecchie abitudini e da tutte quelle situazioni, convinzioni, legami affettivi e dinamiche relazionali che ci tengono intrappolati proprio in ciò da cui vorremmo fuggire.
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