La caratteristica principale del disturbo bipolare è la significativa e rapida oscillazione del tono dell’umore fra uno stato depressivo ad un’eccitazione eccessiva, spesso senza un motivo specifico.
Nella fase di eccitamento maniacale, ad esempio, l’umore è esageratamente ottimistico e c’è una sensazione di grande energia; spesso il soggetto non avverte la necessità di mangiare o di dormire e ritiene di poter fare qualsiasi cosa (sfociando, nei casi più estremi, nel delirio d’onnipotenza e di grandezza), al punto da mettere in atto comportamenti impulsivi, come spese eccessive o azioni pericolose che mettono a rischio la sua e altrui incolumità. I pensieri si susseguono velocemente, così come le parole. Il comportamento tende ad essere ipertrofico e sproporzionato, caratterizzato da disinibizione ed impulsività. Spesso, queste persone hanno un umore disforico, che si traduce in irritabilità, intolleranza e, spesso sfocia in comportamenti aggressivi.
Viceversa, la fase depressiva evidenzia un umore triste, malinconico e un profondo senso d’angoscia. Le energie sono minori, si è facilmente affaticabili. La persona ha difficoltà a formulare pensieri, a far progetti, sperimenta un calo d’energia vitale e di piacere nel fare le cose, precipitando in uno stato d’apatia e di passività tale da compromettere, nei casi più gravi, il funzionamento sociale e il contatto con la realtà.
Nella pratica clinica tuttavia, le fasi del disturbo bipolare non si alternano in maniera così netta e definita, così come la sintomatolgia, che tende a manifestarsi in maniera sfumata e trasversale, rendendo difficile la diagnosi differenziale con altri disturbi. Cos’é che ci permette, ad esempio, di distinguere un disturbo depressivo (unipolare) da un disturbo bipolare? Cos’è che fa la differenza tra una “normale” alternanza tra fasi positive e momenti di depressione che tutti possiamo sperimentare nella nostra vita e un disturbo bipolare?
Il nucleo del disturbo bipolare
Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare al nucleo del disturbo bipolare, che è l’instabilità dell’umore. Il disturbo bipolare è infatti caratterizzato da uno squilibrio nella regolazione del tono dell’umore, che si riflette nella sfera privata e relazionale della persona come instabilità affettiva, labilità emotiva e lunaticità estrema. Indicatori di questo squilibrio dell’umore sono:
- l’umore tende a cambiare velocemente all’interno di una stessa fase o virare verso la fase umorale opposta. In una fase maniacale, ad esempio, l’umore può passare repentinamente da euforico ad ostile/iracondo e viceversa, in risposta a certi stimoli esterni. Oppure l’umore della fase depressiva può essere improvvisamente interrotto da incursioni maniacali di varia durata per poi tornare allo stato depressivo, e viceversa;
- la persona non ha memoria della fase precedente e non si immagina il fatto che l’umore potrà cambiare in una fase successiva; questo significa non avere speranza durante la depressione o non vedere il rischio e la mancanza di realismo in fase maniacale. L’umore del momento diventa l’unica chiave di lettura della realtà e la colora con una serie di significati assoluti e definitivi. In sostanza, la persona non si rende conto che è il suo umore a cambiare ma crede che a cambiare sia la realtà esterna;
- possono coesistere, contemporaneamente o in rapida alternanza, sintomi depressivi con altri sintomi tipici della fase maniacale. Del resto, il disturbo bipolare è caratterizzato da contrasti e squilibri emotivi, per cui una persona adesso piange e un attimo dopo ride, si sente triste e apatica pur avendo un’ideazione esagerata ispirata a grandiosi progetti per il proprio futuro. Oppure, ci può essere un umore depresso con una concomitante agitazione psico-motoria.
Fattori psicologici del disturbo bipolare
Oltre alle alterazioni neurofisiologiche e biochimiche e ai fattori genetici, alla base del distubo bipolare troviamo una serie di aspetti psicologici che sono riconducibili a:
- un’idea di scarso valore personale. La scarsa autostima o meglio la variabilità e labilità dell’autostima, che risulta eccessivamente dipendente dai riscontri esterni, fa sì che la persona si trovi ad oscillare continuamente tra immagini positive e negative di sé senza poter contare su una percezione stabile ed ancorata alla propria esperienza di sé;
- una mancanza di consapevolezza di sé e delle proprie emozioni, con conseguente difficoltà nella regolazione delle emozioni e dei loro effetti. Non riconoscendo le proprie emozioni la persona vive uno stato di caos interiore che la porta a percepire un’irrequietezza di fondo e quindi un disagio interiore che poi si riflette nella vita della persona;
- una mancanza d’empatia, ovvero l’incapacità di mettersi nei panni degli altri e leggere le loro emozioni, che comunque tendono ad essere interpretate in maniera disfunzionale ed autoreferenziale. Gli altri, cioè, non sono visti nella loro individualità ma come riflesso ed emanazione del proprio disagio interiore. Questo è il motivo per cui la persona con disturbo bipolare non riesce ad instaurare e portare avanti relazioni significative con gli altri.