
Se qualcuno vi ripetesse continuamente che siete degli stupidi, e non perdesse occasione per ricordarvelo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, facendovi sentire in colpa e mettendovi paura al contempo, come reagireste? Ve lo dico io…prima o poi ci credereste! Del resto, la nostra mente funziona così: costruisce la realtà in base alle informazioni che riceve; e più queste informazioni sono ripetute più se ne convince.
Si tratta di un meccanismo evolutivo innato che è alla base dello sviluppo della personalità stessa: tant’è che il bambino piccolo costruisce un’idea di se stesso sulla base di ciò che i genitori gli dicono che è.
Lo stesso meccanismo su cui si basa il cosiddetto “lavaggio del cervello”: basta mettere le persone in una situazione di stress psicofisico costante, stimolare in loro reazioni emotive di paura e d’angoscia molto intense e ripetergli ossessivamente ciò che vogliamo imprimere nella loro mente. Et voilà, il gioco è fatto: avrete ottenuto una persona docile, obbediente, impaurita e, soprattutto convinta di ciò che gli avete detto al punto da conformare il suo comportamento coerentemente con le sue – o meglio, le vostre – convinzioni (quello che accade, per esempio, nel caso dei kamikaze).
Ora, ditemi, tutto questo vi ricorda un po’ quello che sta accadendo con il coronavirus? Il martellamento continuo, costante e carico di emotività da parte del sistema ha convinto tutti noi di una situazione che, di fatto, non è così grave come ce la vogliono rappresentare, ma che comunque ci spinge ad agire in maniera irrazionale e ad uniformarci al pensiero unico dominante. Del resto, lo sappiamo, le persone non reagiscono alla realtà ma a quello che credono essere la realtà o, se non hanno convinzioni proprie, a quello che gli viene detto dall’esterno. La realtà, infatti, è una costruzione mentale, spesso influenzata dai vari condizionamenti socio-culturali.
Ma sulla base di quali elementi potremmo ridimensionare la supposta gravità del coronavirus?
Primo: ogni anno, come sottolinea il Prof. Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, allievo di B. Sabin e apprezzato in tutto il mondo, a fronte di circa 6 milioni di contagi, in Italia muoiono circa 10.000 persone l’anno per la “normale” influenza, di cui la maggior parte anziane o affette da patologie croniche pregresse (nei dati dell’Ist. Sup. Sanità si parla di una media di 460 decessi per morti “dirette”, cioè causate direttamente dall’influenza, e di 4.000 -10.000 morti “indirette”, causate dalle altre patologie sottostanti). Solo che la cosa non fa notizia perché le morti sono distribuite su tutto il territorio nazionale e in uno spazio temporale di circa 4/5mesi. (link1) (link2) Nel caso del coronavirus invece, i contagi si sono concentrati in poco più di un mese, con il risultato che un numero elevato di persone, in primis quelle con sintomi già conclamati da virus – che si era scelto di non curare presso la loro abitazione – ma anche coloro che avevano sintomi similinfluenzali aggravati dalla paura dovuta all’informazione “terroristica” dei media, hanno intasato i presidi ospedalieri di alcune zone della Lombardia in cerca di assistenza, mettendo così in crisi l’intero Sistema Sanitario (qui potremmo aprire una grossa parentesi sulle carenze strutturali e sull’insufficienza e/o i tagli dei fondi finanziari destinati al Sistema Sanitario Nazionale, ma non è questo il mio obiettivo). (link3) La già complicata situazione è poi peggiorata anche a causa di altre infezioni generiche contratte dai pazienti in ambito ospedaliero che, vale la pena ricordarlo, in Italia causano circa 50.000 decessi l’anno.
Un secondo aspetto riguarda la comunicazione quotidiana dei dati, in cui, in un’atmosfera macabra e surreale da show televisivo, vengono mostrate le cifre dei morti per coronavirus, omettendo di dire che la maggior parte dei decessi riguarda persone di età avanzata con più patologie croniche pregresse, che quindi, presumibilmente muoiono con il coronavirus e non a causa del coronavirus. (link4) La drammaticità delle immagini trasmesse, da quelle degli operatori sanitari con il volto segnato dalla stanchezza e con l’impronta della mascherina a quella delle bare disposte in fila nei capannoni, ha fatto il resto, seminando il panico tra la popolazione, abbassando le difese immunitarie e diffondendo un’atmosfera di morte e di angoscia che probabilmente rimarrà impressa a lungo nella psiche delle persone.
Terzo. La questione dei tamponi. Il tasso di letalità del virus è stato calcolato rapportando il numero di decessi al numero dei positivi al tampone. Visto però che il test è stato fatto solo a coloro che sono arrivati in ospedale in condizioni di salute già critiche, il tasso di letalità è risultato molto più alto di quello che sarebbe stato se il tampone fosse stato fatto ad una percentuale significativa di tutta la popolazione. Ovviamente non è importante la correttezza o meno del dato statistico quanto l’impatto emotivo che questo dato può avere sulle persone; un conto è sapere che il virus uccide l’8-9% dei positivi al test, un altro conto è sapere che la letalità si aggira attorno all’1% dei positivi.
La questione si complica ulteriormente se proviamo anche ad interrogarci sull’attendibilità del test utilizzato per il coronavirus. L’alternanza di risultati discordanti in tempi ravvicinati ha incuriosito alcuni ricercatori che hanno pubblicato il loro studio sul sito governativo www.pubmed.gov, la banca dati di biomedicina più importante al mondo. I risultati dimostrano che il valore predittivo positivo del test è del 19.67%: ciò significa che un soggetto risultato positivo al test per il coronavirus ha solo il 19,67% di probabilità di essere davvero malato e, di conseguenza, l’80,33% dei risultati positivi sarebbero dei falsi positivi (e anche dopo un’analisi probabilistica multivariata dei dati ottenuti il 50% o più dei positivi risultavano sempre essere falsi positivi) (link5). Questo dato la dice lunga non solo sull’attendibilità del numero dei contagi ma anche sull’eventuale “effetto nocebo”, ovvero sulle conseguenze negative che possono esserci sulla salute di una persona a cui viene comunicato di essere positiva al coronavirus.
Detto questo, il mio augurio è che ognuno di voi inizi a farsi una sua propria idea sulla questione, il più possibile libera dai condizionamenti che stiamo vivendo. Almeno fin quando sarà ancora possibile…
condizionamenti, condizionamenti, condizionamenti
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