
Questo post è il primo di una serie in cui provo a dimostrare, attraverso il ragionamento sui dati che emergono dalla ricerca scientifica, l’ipotesi che non siamo vittime delle circostanze ma creatori della nostra vita e del nostro destino. Ritengo infatti che questo tema sia oggi più che mai importante. I singoli post sono collegati tra loro da un filo logico e pur essendo parti di un unica riflessione organica possono essere letti anche separatamente. Buona lettura!
La neuroplasticità
Lara Boyd lavora come ricercatrice alla University of British Columbia e studia il cervello alla ricerca di nuove terapie per il recupero delle funzioni psico-motorie in pazienti colpiti da ictus. Sappiamo infatti che le funzioni neurologiche perse a seguito di un evento cerebro-vascolare traumatico sono compensate da aree diverse del cervello, solitamente deputate allo svolgimento di altre funzioni. Questa azione di “sussidiarietà” è resa possibile grazie al principio di neuroplasticità, che permette al cervello di modificarsi in risposta all’esperienza, ovvero rimodellarsi e riorganizzarsi continuamente allo scopo di riadattarsi a nuove situazioni.
Secondo le ricerche della Boyd, contrariamente a quello che si pensava in passato – ovvero che una volta formatosi il cervello non si modificasse più nel corso della vita se non per la perdita di cellule cerebrali causata dall’invecchiamento o da danni cerebrali – il nostro cervello cambia continuamente nel corso della nostra vita; tutto ciò che facciamo, ogni stimolo che incontriamo e ogni cosa che proviamo cambia il nostro cervello e determina un apprendimento. Ripetendo una certa attività, come una sequenza di movimenti o un ragionamento matematico, nel nostro cervello si attivano dei circuiti neuronali che ci permettono di apprendere quella specifica attività, automatizzandola e migliorandone l’accuratezza d’esecuzione. Se però smettiamo di praticare quell’attività, quei circuiti neuronali, non più attivati, tendono a “spegnersi”, poiché il cervello “capisce” che non sono più importanti per noi e per la nostra vita. Il cervello segue cioè un principio di economia e di ottimizzazione delle risorse.
Come cambia il nostro cervello
Ma come si manifestano i cambiamenti che avvengono nel nostro cervello? Si manifestano a tre diversi livelli: chimico, strutturale e funzionale. Immaginiamo di esercitarci al pianoforte per la prima volta; quello che accade nel nostro cervello è un aumento della concentrazione di alcune sostanze chimiche. Il cervello, infatti, è fatto da miliardi di neuroni (le cellule nervose) che si trasmettono informazioni l’un l’altro attraverso delle molecole chimiche dette neurotrasmettitori. Questi cambiamenti chimici avvengono molto rapidamente e si esauriscono appena finita la lezione di piano. In tal senso le modificazioni chimiche supportano un apprendimento temporaneo, che riguarda la cosiddetta memoria a breve termine (MBT); ecco perché il giorno dopo, se ci rimettiamo al pianoforte, può darsi che avremo la sensazione di aver dimenticato completamente la lezione del giorno precedente.
Imparare a suonare il pianoforte, infatti, richiede esercizio; solo esercitandosi spesso è possibile fare in modo che il cambiamento che avviene a livello chimico possa determinare, nel tempo, un vero e proprio cambiamento strutturale del cervello, che consente di fissare tale apprendimento nella memoria a lungo termine (MLT).
Il meccanismo è il seguente: ripetendo una certa sequenza comportamentale o rivivendo le stesse esperienze emotive traumatiche, si ha un continuo aumento del livello di sostanze chimiche nello spazio intersinaptico (lo spazio tra un neurone e l’altro); questo crea o rafforza le connessioni già esistenti tra neuroni o, addirittura, stimola la crescita di nuovi neuroni, cambiando la struttura di certe regioni del cervello. È per questo, ad esempio, che nei destrimani l’area del cervello che presiede al movimento della mano destra è più grande di quella che controlla la mano sinistra. Ed è sempre per questo motivo che, nel cervello dei tassisti di Londra, i quali per ottenere la patente di taxi devono memorizzare una mappa della città, le aree del cervello deputate all’analisi degli stimoli visuo-spaziali sono più ampie.
Ma non è tutto. Sappiamo anche che nel cervello di coloro che hanno subito forti e ripetuti traumi emotivi o sono stati esposti a stimoli stressanti per un lungo periodo potremo ritrovare un’amigdala (struttura nervosa che occupa un ruolo chiave nella gestione della sfera emotiva) di maggiori dimensioni1 e più facilmente eccitabile.
Quest’ultima considerazione introduce il terzo tipo di cambiamento, quello che avviene a livello funzionale. Esso si manifesta nel momento in cui utilizzando frequentemente una certa regione del cervello, questa diventa non solo strutturalmente più grande ma sempre più facilmente eccitabile, facile da attivare nuovamente. Ciò che osserviamo, quindi, è che le modifiche chimiche, strutturali e funzionali spesso si sovrappongono tra loro per supportare l’apprendimento.
Dalle neuroscienze alla nostra vita
A partire da queste acquisizioni nel campo delle neuroscienze possiamo trarre alcune considerazioni che hanno ricadute molto importanti sulla nostra vita:
- il cervello è una “macchina” estremamente complessa – basti pensare che in 1,5 kg di peso ci sono 100.000.000.000 di cellule, 3.200.000 chilometri di cavi, 1.000.000.000.000.000 di connessioni sinaptiche, e per funzionare consuma più o meno quanto una lampadina – ma pur sempre una macchina, senza una sua autonomia creativa. Volendo, potremmo paragonarlo ad un hardware, che lavora solo sulla base dei dati che riceve o che già conosce grazie agli apprendimenti precedenti. In altre parole, il cervello fa quello che noi gli diciamo di fare.
- Ciò che ci accade dipende da noi, dagli stimoli che diamo al nostro cervello. Che ne siamo consapevoli o meno. In tal senso ognuno è responsabile per se stesso e per la sua vita.
Attraverso il nostro comportamento e le nostre scelte quotidiane, il fatto di fare o non fare certe cose, non solo plasmiamo il nostro cervello ma orientiamo la nostra vita in una certa direzione. In meglio o in peggio. Possiamo ad esempio imparare cose e acquisire abitudini positive per il nostro benessere e per la nostra auto-realizzazione personale, ma possiamo anche lasciarci andare alla pigrizia e perdere abilità che avevamo, o apprendere abitudini che ci fanno scivolare verso una qualche forma di dipendenza o verso una sofferenza psicologica. - Il cervello è un sistema dinamico in continua evoluzione e non esiste un limite “anagrafico” alla sua capacità d’apprendimento. Significa che non è mai troppo tardi per avviare dei cambiamenti nella nostra vita.
- Il principio di neuroplasticità è così imponente che quando avrai finito di leggere questo articolo il tuo cervello non sarà più lo stesso di quando hai iniziato. Tuttavia esiste una notevole variabilità rispetto ai tempi e alle modalità con cui i cambiamenti, e quindi gli apprendimenti, si manifestano. Ciò significa che ogni persona che legge questo articolo cambia il suo cervello in modo diverso e prende consapevolezza dei suoi apprendimenti in tempi differenti.
E voi, cosa aspettate a creare il cervello che desiderate?
1. Cacciaglia R., Nees F., Grimm O., Ridder S., Pohlack S.T., Diener S. J., Liebscher C., Flor H. (2017). Trauma exposure relates to heightened stress, altered amygdala morphology and deficient extinction learning: Implications for psychopathology. Psychoneuroendocrinology, 76, 19-28.
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