
Cosa significa accettare se stessi? Perché è così importante? Rispondere a queste domande è fondamentale per chiunque voglia cambiare in meglio se stesso e la propria vita. L’accettazione, spesso, è interpretata come un atteggiamento di rassegnazione ed è collegata ad un senso d’impotenza nei confronti delle circostanze esterne.
L’immagine mentale associata al concetto di accettazione di sé è quella della vittima, della persona incapace di modificare in alcun modo la sua situazione. Il concetto di accettazione di sé, com’è comunemente inteso, ingabbia la persona nei suoi limiti, spegnendo ogni spinta propositiva verso il futuro e impedendogli di mobilitare le energie e le risorse necessarie per avviare un processo di cambiamento. In buona sostanza, ciò che siamo non viene realmente accettato ma semplicemente subito.
L’accettazione di sé come base per il cambiamento
Cominciamo col dire che accettare se stessi non è un’acquisizione statica, è un processo in divenire, un processo attivo. Significa guardare in faccia le situazioni e noi stessi, prendere coscienza di sé e della propria natura, dei propri limiti e delle proprie difficoltà, per poi provare a superarli o ad aggirarli. Tutto questo senza sottoporsi al duro giudizio che siamo abituati ad avere nei nostri stessi confronti, spesso così pesante e negativo da distruggere la fiducia in noi stessi, indispensabile per ogni tipo di cambiamento.
Si tratta, quindi, di sviluppare un nuovo atteggiamento mentale, che ci consenta di passare dal vedere i propri limiti e arrendersi passivamente ad essi al considerarli un punto di partenza per capire se e come possiamo superarli.
Dalla teoria alla pratica
Un esempio per capire meglio cosa intendo. Se voglio mangiare delle ciliegie che si trovano su un albero a 3 metri d’altezza e io sono alto 1 metro e 70 centimetri, posso reagire in vari modi.
Una prima possibilità è dirmi che quelle ciliegie non mi piacciono o non sono buone. Ma così facendo evito il confronto con me stesso, attribuendo all’esterno la responsabilità e la colpa di qualcosa che non riesco a fare per un mio limite personale (…sono le ciliegie che non sono buone, non io che non riesco a prenderle…).
In alternativa, posso prendere coscienza di quello che è un mio limite oggettivo – l’essere alto 1.70 m – e del fatto che esso mi impedisce di cogliere quelle ciliegie che però vorrei tanto mangiare. A seguito di questa presa di coscienza di sé e dei propri limiti, posso imboccare due diverse strade: una è quella di focalizzare la mia attenzione solo ed esclusivamente sul mio limite e sulle conseguenze negative che esso comporta, lasciandomi andare alla depressione o allo sconforto. Oppure, partendo dall’accettazione del mio limite, posso concentrarmi su come raggiungere comunque quelle ciliegie che desidero tanto mangiare. Un atteggiamento mentale di questo tipo mi aiuta a individuare una possibile soluzione al mio problema, consentendomi di capire, ad esempio, che posso cogliere le ciliegie semplicemente utilizzando una scala.
Accettare se stessi significa quindi essere pienamente consapevoli di sé e dei propri limiti e utilizzare tale consapevolezza per aprire la mente al cambiamento e riuscire a raggiungere i propri obiettivi.
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